
Avete mai letto la parola “genetica” tra i tag di uno sbalorditivo “prima e dopo” su instagram? L’avete mai sentita nominare in un video motivazionale sul fitness e le trasformazioni corporee su youtube?
Come pensavo..
Parlare di genetica è da sfigati, nel mondo del fitness vige la meritocrazia! se non hai i risultati che ha il tuo amico è senza dubbio perché non ti sei impegnato abbastanza. Ecco, questa è una cazzata.
Se Luca e Paolo vanno a prendere il sole insieme si abbronzeranno allo stesso modo?
Se Luca e Paolo si impegnano ugualmente negli studi prenderanno gli stessi voti?
Se Luca e Paolo fanno una gara di velocità, a parità di impegno, taglieranno insieme il traguardo?
Se Luca e Paolo…bhe, la risposta è sempre la stessa.
Magari Luca è più bravo in matematica e Paolo è un talentuoso scrittore; magari Luca è veloce a correre i 100 metri e Paolo è bravo nella maratona. Ognuno ha i suoi punti forti ed i suoi punti deboli e non è raro che le differenze, in ben determinate attività, siano davvero enormi. Perché dovrebbe essere diverso nel fitness?
Il mondo del fitness e delle palestre, ma anche dello sport, è intriso di machismo. C’è un vero e proprio culto del vincente, si tende a mitizzare chi raggiunge i risultati più sorprendenti e ad ascoltare poco chi non eccelle. Tutto in onore di una meritocrazia che è sì esistente ma che è assolutamente insufficiente a spiegare i risultati.
O vogliamo credere che Bolt sia il più veloce del mondo perché si è allenato di più? o che il fisico di Cristiano Ronaldo sia migliore rispetto a quello dei colleghi suoi solo perché si è allenato di più?
N.B. non sto parlando di doping.
Comincio dal dimagrimento che è l’argomento dove teoricamente la genetica dovrebbe influire meno. Successivamente scriverò anche di NEAT, massa muscolare e ricomposizione corporea.
DIMAGRIMENTO
Partiamo dall’inizio.
La nostra “storia metabolica” ha inizio (scusate la ripetizione) prima ancora della nostra nascita. Un “imprinting metabolico” avviene, infatti, già quando siamo nel grembo materno e dipende essenzialmente da questi fattori:
– dieta della mamma in gravidanza
– abitudini della mamma gli anni precedenti la gravidanza
– abitudini del padre negli anni precedenti
In pratica dipende da fatti avvenuti anni prima che nascessimo.
“Storia metabolica” è ovviamente un termine semplificatore: mi riferisco soprattutto alla connessione tra cervello, ipotalamo in primis, e riserve adipose. Questa costante comunicazione tra cervello e tessuto adiposo è da tenere bene a mente perché è il punto chiave, è cruciale per metabolismo, stimolo della fame e, ultimo ma non per importanza, il gusto. Quindi già prima di nascere abbiamo una prima influenza, una tendenza, una direzione.
E poi? Dopo le influenze ricevute nell’ambiente intrauterino abbiamo un altro evento determinante: in infanzia e adolescenza si stabilisce il numero di adipociti, cioè cellule grasse, che rimarrà più o meno costante per tutta la vita; sarà poi possibile “riempirle” e “svuotarle” ma il numero non varierà in maniera significativa. È il principale motivo per il quale il 90% dei bambini obesi diventano adulti obesi. L'”influenza” a cui accennavo prima, qui prende proprio forma.
Piccola parentesi. Eh sì, la responsabilità dei genitori è davvero enorme. Questo non significa che il destino di un bambino obeso sia segnato, tuttavia dovrà impegnarsi decisamente di più e dovrà stringere i denti quando si accorgerà di fare molta più fatica di altri (È IL MOTIVO PER CUI STO SCRIVENDO QUESTO ARTICOLO). Chiusa parentesi.
Appurato che la condizione di partenza è per definizione diversa, ci sono altre differenze?
Il famigerato metabolismo? In realtà tra i tanti personaggi che entrano in gioco, il metabolismo basale è uno di quelli che incide di meno, in condizioni fisiologiche. Fa la differenza in presenza di patologie (in modo marcato) ed in seguito a diete scellerate protratte per troppo tempo, specialmente se diete a bassissimo apporto di carboidrati. Tuttavia, a parte queste eccezioni, il metabolismo a riposo è proporzionale al peso: più pesi, più consumi.
Dunque?
Le due grandi differenze interindividuali sono il NEAT e lo stimolo della fame, entrambe a predisposizione genetica.
STIMOLO DELLA FAME
Vediamo perché è così differente tra una persona e l’altra.
Lo stimolo della fame è strettamente correlato alla comunicazione tra cervello e tessuto adiposo sopracitata.
Per farla breve, il mio tessuto adiposo dispone di sensori che “sentono” la quantità di grasso stipato; quando le mie riserve adipose variano, in un senso o nell’altro, questi sensori lo segnalano al cervello, il quale a sua volta interviene.
Come interviene? la regolazione è, come al solito, molto complicata ma per lo scopo di questo articolo il succo è:
– se aumenta il mio tessuto adiposo, aumenta la termogenesi e diminuisce il senso di fame (negli obesi il meccanismo non funziona più)
– se diminuisce il mio tessuto adiposo, diminuisce la termogenesi ed aumenta il senso di fame
Possiamo immaginare il nostro tessuto adiposo come il nostro conto in banca: quando aumenta, possiamo concederci qualche sfizio in più ed abbiamo meno bisogno di cercare altre entrate; viceversa quando il nostro tessuto adiposo scende, specialmente se scende velocemente, dobbiamo limitare al massimo le spese e darci da fare come possiamo per “alimentare” il nostro conto.
L’unico modo di alimentarlo è ovviamente mangiare. L’aumentato senso di fame, accompagnato da altri segni importantissimi tra i quali la difficoltà nel dormire e la sensazione di spossatezza mi spinge verso la ricerca di cibo. In pratica, in un dimagrimento, ad un certo punto il mio corpo fa di tutto per farmi smettere di dimagrire, cerca di fermare la perdita di peso, mi “spinge” letteralmente a mangiare. Il motivo per cui lo fa è semplice: preservare la preziosa massa grassa, nostra principale riserva energetica.
Perché tutto questo preambolo?
Perché per alcuni la soglia a cui parte la “ricerca” è a 3000 euro, per altri è a 40000. Questa soglia dipende proprio da quale quantità di adipe il mio corpo riconosce come ottimale e varia moltissimo da soggetto a soggetto. A tal proposito, è stato introdotto negli ultimi anni il concetto di SET POINT, che è proprio la quantità di adipe alla quale il mio corpo tende. Pensare ad esso esclusivamente in termini di grasso è però riduttivo; è il cervello il regista, è il cervello che mette in atto tutti i processi che mi spingono ad aumentare quel livello che sta “pericolosamente” scendendo. Da notare che si tratta di un fenomeno assolutamente non conscio. Questi eventi non accadono quando io ritengo debbano accadere ma quando il mio corpo “sente” che qualcosa sta variando.
Ecco perché è inutile fare paragoni. Come posso confrontare il percorso di due persone con oggettività? potrò mai farlo aggrappandomi ai numeri? Ovviamente no. Le difficoltà che stanno affrontando due persone in un percorso di dimagrimento sono completamente diverse, sia dal punto di vista fisiologico che dal punto di vista psicologico (non l’ho trattato perché, ahimé, non sono in grado).
Esempio
Luca e Paolo hanno entrambi 35 anni, sono entrambi alti 170 cm e pesano entrambi 100 kg. Luca è sempre stato obeso mentre Paolo lo è diventato quando ha smesso di giocare a rugby, a 32 anni. Decidono entrambi di fare una dieta dalla Dietista Elena. Dopo un anno, Luca, il sedentario, ha perso 10 chili e Paolo, l’ex rugbista, 25.
Ebbene, Paolo NON è stato più “bravo” di Luca, Paolo NON ha dimostrato di avere più forza di volontà. Sono due situazioni diverse in cui non è possibile fare un confronto obiettivo proprio perché provenienti da situazioni di partenza distinte. Il mero numero sulla bilancia, ma anche l’immagine allo specchio, non sono sufficienti per inquadrare nel completo la situazione.
Dando un giudizio così a naso, direi anzi che dei due quello che si è impegnato di più è Luca. Questo era un esempio esageratamente semplice di proposito ma non è necessario che uno sia un ex sportivo.
MORALE DELLA FAVOLA
Non ha senso fare confronti con altri perché il punto di partenza non è lo stesso, la strada da percorrere non è la stessa e non sarà lo stesso nemmeno il punto di arrivo.
“Impossible is nothing” va bene per vendere le scarpe. Nella vita reale l’accettazione e la consapevolezza dei propri limiti è fondamentale per non essere schiavi di modelli irraggiungibili. Non sarò mai bello come Beckham o intelligente come Stephen Hawking, ma posso essere la miglior versione di Gabriele. Se la mia felicità è vincolata al raggiungimento di un traguardo impossibile cosa posso ricavarne se non frustrazione?
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