
Ultimamente i carboidrati sono considerati lo spauracchio di chi vuole rimettersi in forma, di chi vuole dimagrire e di chi vuole “disintossicarsi”; figuriamoci per quanto riguarda Insulino – Resistenza e Diabete. Pane e pasta saranno sicuramente i colpevoli! E invece no, è sbagliato.
Vediamo perché.
Che cos’è l’Insulino – Resistenza?
L’insulino – resistenza è una condizione in cui i tessuti, soprattutto i muscoli, diventano refrattari all’azione dell’insulina, rendendo la normale quantità di insulina non più sufficiente. In pratica l’insulina in circolo c’è, ma la sua funzione biologica non viene svolta come dovrebbe perché i tessuti hanno perso sensibilità ad essa.
Di quale funzione biologica stiamo parlando? sebbene l’insulina svolga molte funzioni, quando parliamo di Insulino – Resistenza ci riferiamo solo all’azione sulla glicemia (la quantità di glucosio nel sangue).
Immaginiamo di aver fatto un pasto particolarmente abbondante; dopo un’ora la nostra glicemia passa da 90 mg/dl a 140 mg/dl. L’insulina è quella che riporta la glicemia a 90. In presenza di Insulino – Resistenza la glicemia non scende come dovrebbe o lo fa a spese di una sovraproduzione di insulina. Quest’ultima è la prima linea di difesa dell’organismo.
Il giochino funziona per un po’; quando non funziona più, siamo arrivati al Diabete.
Qual’è la causa?
Troppi carboidrati assunti in cronico e down regulation dei recettori, giusto? No, sbagliato.
Questa è la credenza comune (diffusa anche tra addetti ai lavori) ma è una semplificazione e, se non compresa, può essere fuorviante. Per comprendere realmente la causa occorre fare un passo indietro e guardare da vicino il meccanismo di azione dell’insulina.
Innanzitutto l’insulina, essendo un ormone, circola nel sangue ed esplica la sua funzione quando riconosciuta dal suo recettore.
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Nel caso dell’insulina il recettore è situato nella membrana esterna delle cellule. Il legame tra insulina e recettore causa una serie di eventi all’interno della cellula e, tra questi, quello che ci interessa riguarda la traslocazione dei recettori per il glucosio dall’interno della cellula verso la membrana cellulare. Questi recettori sono in realtà dei trasportatori (GLUT4) e consentono, per l’appunto, di trasportare il glucosio dal sangue alle cellule, e quindi ai tessuti; è grazie a loro che la glicemia si abbassa ed i tessuti si riforniscono.
Lanzerstorfer P et al. Identification of Novel Insulin Mimetic Drugs by Quantitative Total Internal Reflection Fluorescence (TIRF) Microscopy. Br J Pharmacol. 2014
Con l’insulino – resistenza questi trasportatori non riescono a migrare verso la membrana.
Ecco, questo è l’evento chiave! la mancata migrazione delle vescicole contenenti i trasportatori GLUT4.
Da cosa è provocato? L’esatto meccanismo molecolare non è ancora stato individuato con assoluta certezza, ma il colpevole si ritiene sia l’accumulo lipidico intracellulare1,2, cioè l’accumulo di grasso all’interno della cellula.
Teniamo a mente che stiamo parlando di cellule muscolari o epatiche ed una quota di grasso intracellulare è del tuto fisiologica; stiamo, però, “accusando” l’accumulo, l’eccesso. Questo, infatti, intralcia la segnalazione cellulare, impedendo ai trasportatori di raggiungere la membrana cellulare.
S.A. Bayol et al. Growing healthy muscles to optimise metabolic health into adult life. J Dev Orig Health Dis. 2014
Come si può ben notare dalla figura, sebbene abbia una grafica differente rispetto alle immagini sopra, il problema di fondo nasce “da dentro” la cellula; non è un problema di membrana.
E qual’è la causa di questo accumulo lipidico?
La causa è la stessa che conduce a sovrappeso ed obesità: l’eccesso calorico1,3. Che questo eccesso sia dovuto da un eccesso di lipidi o di carboidrati o di proteine (difficile) è del tutto irrilevante: le cellule “manco lo sanno” da dove deriva quell’energia.
Come mai l’eccesso calorico causa l’accumulo lipidico intracellulare? Immaginiamo per un secondo di fare un percorso con uno zaino in spalla; tutto ciò che acquistiamo o raccogliamo lo mettiamo nello zaino e, finché non diventa pesante, ci badiamo poco. Ad un certo punto lo zaino si riempie del tutto e dobbiamo metter gli oggetti da altre parti: ce le leghiamo in vita, attorno al collo ecc. Queste, però, ci intralciano e rischiano di farci inciampare. Ecco, la stessa cosa vale per i grassi corporei; quando le riserve di grasso sono vicine alla saturazione gli acidi grassi vengono rilasciati in circolo e rischiano di dare fastidio ad organi differenti dal tessuto adiposo.
Shulman GI. Ectopic fat in insulin resistance, dyslipidemia, and cardiometabolic disease. N Engl J Med. 2014
Ma quindi il discorso della down regulation è una bufala?
No, avviene anche quella, ma è una conseguenza di quanto detto sopra, non la causa dell’insulino – resistenza.
Ogni volta che l’insulina si lega al recettore, dopo che il segnale è stato trasmesso, il complesso insulina – recettore viene internalizzato e degradato per far sì che il segnale non duri in eterno4. La cellula dovrà poi sintetizzare un nuovo recettore per sostituire quello degradato. Nel momento in cui nel sangue c’è un’alta concentrazione di insulina, la velocità di degradazione supera quella di sintesi e sulla membrana cellulare ci sono meno recettori. Ma non è una cosa negativa, anzi..
Potremmo schematizzare il tutto in questo modo:
Meglio risolvere il problema alla fonte, no?
MORALE DELLA FAVOLA
Cercare di prevenire insulino – resistenza e diabete eliminando i carboidrati non è una soluzione intelligente. Sarebbe come andare a sciare con un braccio ingessato per paura di fratturarlo; probabilmente ci romperemmo l’altro. Buona norma sarebbe invece sciare in base alle nostre abilità e muniti di caschetto.
Tradotto, mangiare in rapporto al nostro attuale stato ponderale ed al nostro grado di attività fisica.
Non è un caso che né le linee guida Americane (ADA) né quelle internazionali (IDF) abbiano escluso (e nemmeno ridotto) i carboidrati dall’alimentazione di soggetti insulino resistenti e diabetici.
E quindi qual’è la soluzione? Sono due:
1) Calo ponderale ottenuto con una dieta ipocalorica
2) Attività fisica, sia di tipo aerobico che contro resistenze.
Si lo so, tutta questa storia per un finale così ovvio.
Come nel finale di The Prestige (film super) “no…simple, maybe, but not easy”; è vero, gli aspetti da curare sono solo questi, ma questi vanno fatti bene.
Fonti bibliografiche
1. KrssaK et al. Intramyocellular lipid concentrations are correlated with insulin sensitivity in Humans: a H NMR spectroscopy study. Diabetologia. 1999
2. Magkos F et al. Intrahepatic Diacylglicerol Content is associated with hepatic insulin resistance in obese subjects. Gastroenterology. 2012
3. Shulman GI. Ectopic fat in insulin resistance, dyslipidemia, and cardiometabolic disease. N Engl J Med. 2014
4. Department of Morphology, University of Geneva, Switzerland. Insulin receptor internalization: molecular mechanisms and physiopathological implications. Diabetologia. 1994
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