Il peso della genetica: l’inutilità di fare paragoni. Cap. 2


Discusso lo stimolo della fame nel primo capitolo, ora tocca al NEAT, uno dei personaggi più sottovalutati, probabilmente IL più sottovalutato.

Per farlo inizio con una della mie storielle.

Barbara è la classica ragazza sempre in movimento. È una di quelle che vedi salire di corsa le scale mobili sulla sinistra, di quelle che si stufano ad aspettare l’ascensore e preferiscono farsi 6 piani a piedi, di quelle che hanno già pronte le chiavi di casa 15 metri prima del cancello, di quelle che gesticolano moltissimo mentre parlano e faticano a stare a lungo sedute.
Tutte le sue amiche sono convinte che abbia un metabolismo velocissimo perché ogni qual volta si ritrovano per un aperitivo o per cenare, Barbara è sempre quella che mangia di più. Ed è magrissima! “Ma dove lo metti tutto quel cibo?”

Hanno ragione le sue amiche? ha veramente un super metabolismo?
La risposta corretta è NO. Il metabolismo basale di Barbara è in linea con le sue caratteristiche e quindi, essendo molto magra, è relativamente BASSO.
Lo so, questo farà scuotere la testa a più di uno: “se conoscessi il mio amico non diresti così”. La realtà è che siamo abituati a considerare il metabolismo basale come uno spartiacque: se una persona è sottopeso avrà un metabolismo veloce e se è sovrappeso avrà un metabolismo lento.
Ma è sbagliato. Questa “proporzione” vale solo in alcune condizioni clinicamente ben inquadrabili, tipo le disfunzioni tiroidee, e rappresentano la minoranza dei casi. Barbara non è magra perché il suo metabolismo è veloce ma perché “vive in maniera dispendiosa”; è un modo come un altro per dire che il suo NEAT è elevato.

Cos’è il NEAT?

Il NEAT è la spesa energetica di TUTTE le azioni quotidiane che non sono sport/fitness: dal camminare o meno per andare a lavoro, dal tipo di lavoro, dallo stare in piedi o seduti in metropolitana, dal modo in cui gesticoliamo e persino dai piccoli movimenti di cui non siamo nemmeno consci. Io, ad esempio, sto scrivendo questo articolo seduto su una sedia, se lo facessi stravaccato su un divano il mio NEAT a fine giornata sarebbe leggermente inferiore. Se da mattina a sera stessi a letto sarebbe, invece, poco più di zero (zero se stessi immobile tutto il tempo).

Per capirne l’importanza cerchiamo di avere una visione d’insieme.
Il dispendio energetico giornaliero (quello su cui si calcola solitamente il fabbisogno calorico) indica la spesa totale di energia, espressa in calorie, del nostro corpo nelle 24 ore. Se andiamo a scomporlo scopriamo che più della metà è rappresentata dal nostro caro metabolismo basale (quello che consumeremmo stando sdraiati ed immobili). Della quota restante, la maggior parte dipende dall’attività fisica.
Ve ne sono altre in realtà ma meno rilevanti e, soprattutto, poco inerenti.
Il succo è: DISPENDIO ENERGETICO = METABOLISMO BASALE + ATTIVITÀ FISICA
Ora andiamo a scomporre l’attività fisica in:
– attività fisica programmata (sport, fitness)
– attività fisica non programmata, attività fisica “spontanea”
Eccolo lì, il secondo punto corrisponde ovviamente al nostro NEAT

Peso specifico del NEAT

Il metabolismo basale è come già anticipato, salvo alcune eccezioni, proporzionale al peso e, tra due individui simili (stesso sesso, età e fisicità simili) differisce di poco.
Le vere varianti del dispendio energetico sono quindi l’attività fisica programmata ed il NEAT.

Ai fini di un dimagrimento quale inciderà di più? l’attività fisica programmata o il NEAT?
Non c’è paragone, se non stai disputando il tour de France, il NEAT. L’attività sportiva è fondamentale per la QUALITÀ del dimagrimento (solo quando è intensa) ma a livello QUANTItativo (chili persi in tot tempo) non c’è proprio storia. Tra due individui con caratteristiche simili (sesso, età, altezza e peso) la sola differenza di NEAT può causare una differenza giornaliera nei consumi di 2000 chilocalorie1, un’enormità. Ovviamente si tratta di una cifra limite, dovuta ad un tipo di lavoro molto diverso, ma rende l’idea.

Bene, ora che ho reso l’idea (spero) posso dirvi che ciò che ho appena scritto è piuttosto inutile.
Eh già, è inutile perché, mentre l’attività fisica programmata è per definizione sotto il nostro controllo, il NEAT lo è solo parzialmente. Certo, posso decidere di camminare per andare a lavoro o salire le scale a piedi ma non posso “farmi venire voglia” di muovermi di più; e non posso certo scegliermi il lavoro in base a quanto movimento mi concederà.

Poniamo che io lavori come sportellista: piccoli movimenti quotidiani come giocherellare con la biro, toccarmi i capelli o muovere le gambe da seduto non avvengono certo in maniera ragionata, sono perlopiù inconsci. Potrei anche impormi di essere più mobile in queste “piccolezze” ma quanto può durare? La verità è che spesso, invece, quando mi impongo di muovermi di più in alcune attività, inconsciamente limito poi il movimento in tutte le altre. “Già mi sono fatto le scale a piedi e la strada per venire…”.

NEAT & genetica

In pratica torniamo alla nostra genetica, di cui non si vuole parlare perché è da sfigati, ma che ha sempre un peso importante.
Ad esser pignoli, in questo caso, più che di genetica dovremmo parlare di unicità biologica perché non conosciamo con precisione COME e SE si trasmetta la propensione al movimento. Se per lo stimolo della fame sappiamo che gioca un ruolo immenso la dieta della mamma prima e durante la gravidanza, sul NEAT sappiamo molto poco.

A tal proposito, ricordo che in Università il nostro professore di Fisiologia ci parlò di studi che correlavano l’attività fisica della mamma durante la gravidanza con la propensione all’attività fisica del nascituro. Tuttavia siamo ancora nel campo della ricerca.

Ad oggi, quel che sappiamo (quasi) certamente è l’esistenza di una fitta rete di neuromodulatori a livello di ipotalamo (sempre lui) e nuclei extraipotalamici in grado di leggere segnali interni ed esterni ed indirizzare il nostro corpo verso un maggiore o minore movimento “spontaneo”.
Studi fatti2 modulando l’orexina (uno dei neuromodulatori) su animali hanno, infatti, dimostrato come aumentando o diminuendo artificialmente il livello di questo neuromodulatore, l’attività motoria cambiasse in maniera radicale, tanto da portare ad obesità quelli a cui veniva artificialmente diminuita e a deperimento quelli a cui veniva aumentata.

Un altro esempio piuttosto eloquente riguarda l’effetto delle droghe: CART sta per “Cocaine and amphetamine regulated transcript” ed è uno dei neuromodulatori. L’effetto eccitante o deprimente delle droghe deriva dal fatto che esse giocano con questi neuromodulatori.

Insomma possiamo chiamarla genetica, biologia o semplicemente culo, ma sappiamo che la nostra propensione al movimento non è sotto il diretto controllo della nostra volontà. O meglio, il movimento sì, ma la propensione no: io posso decidere di attraversare a piedi Milano ma non posso decidere di avere voglia di farlo. Le influenze neurali “se ne fregano” di quello che voglio io proprio perché “vengono prima”.

Se entrassimo nella Psicologia troveremmo ancora altri personaggi ma, come detto nel capitolo 1, va oltre la mia capacità di analisi (sorry!).

Insomma, fare paragoni ha ancora una volta poco senso; partiamo da influenze diverse, ognuno è fatto a modo suo.
Lo so, è una frase banalissima ma nell’era dei social dove tutto è estremizzato e “machizzato” ed imperversano video motivazionali del cazzo credo sia importante ribadirlo.

Regolazione NEAT

Altre brutte notizie (arriveranno anche le buone). La regolazione del NEAT segue lo stesso identico destino visto parlando dello stimolo della fame.
Più ci allontaniamo dal nostro “set point”, la quota di tessuto adiposo a cui il nostro corpo tende, più il nostro corpo si impegnerà per impedircelo. Quindi se siamo sempre stati sovrappeso e stiamo finalmente dimagrendo, tenderemo inconsciamente a muoverci sempre meno proprio per evitare di consumare preziose energie. Semplice, no?

Per il nostro io cosciente potrà apparire insensato, ma in realtà è sensatissimo, semplicemente si incastra poco nell’Italia del 2018. Per un uomo primitivo in un periodo di carestia, ma anche per un bimbo fortemente denutrito in Africa centrale, economizzare una risorsa preziosa come l’energia è di vitale importanza. Per noi no ma semplicemente perché non conosciamo la fame, altrimenti apprezzeremmo questa “efficienza” metabolica.

Cosa fare in pratica?

Ecco le buone notizie promesse.
Si può fare qualcosa?
Certo, cambiare lavoro! No scherzo.
La soluzione è semplicissima: non posso battere il mio corpo nei gesti inconsci, devo farlo in quelli consci.
A livello pratico potrebbero semplicemente essere:
– munirsi di contapassi e puntare ad un numero sempre maggiore di passi durante la giornata (semplice ma efficacie)
– andare a piedi a lavoro o parcheggiare lontano
– abbandonare per sempre scale mobili ed ascensori

Qui si che si può lavorare. I paragoni qui si possono e si devono fare perché combattiamo ad armi pari, combattiamo con noi stessi; se ho fatto 10000 passi oggi e ne faccio 12000 domani ho effettivamente battuto me stesso.

Farli con altri ha meno senso perché il peso percepito è diverso, non a tutti costa la stessa fatica.
E… no, queste non sono scuse, è scienza.

P.S. (1) Per chi fa sport tali consigli si intendono ovviamente IN AGGIUNTA all’attività fisica programmata. Camminare non vuol dire fare sport, l’effetto metabolico è radicalmente diverso.

P.S. (2) Se il NEAT batte l’attività fisica, la dieta batte il NEAT. Se decido di andare a farmi una camminata per potermi mangiare una fetta di torta parto male. Per smaltire un fetta di torta devo camminare tre ore. Camminare fa bene a prescindere, la torta anche lei in un certo senso ma solo se è particolarmente buona.

Bibliografia

1. Christian von Loeffelholz, M.D. and Andreas Birkenfeld. The Role of Non-exercise Activity Thermogenesis in Human Obesity. Endotext
2. Levine JA et all. Nonexercise activity thermogenesis in obesity management. Mayo Clin Proc. 2015
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